Hallertau è un gioco competitivo da 2 a 4 giocatori di Uwe Rosenberg localizzato e portato in Italia da Asmodee in cui dovrete far prosperare il vostro villaggio, coltivando sapientemente campi (…ma guarda un po’ :-)) e migliorando le attività commerciali del vostro ridente paesello bavarese.
Ebbene sì, Uwe ci ripresenta un bel german coi fiocchi, sfruttando l’amata meccanica del piazzamento lavoratori e inserendo una parte di gestione mano che, a conti fatti, sarà probabilmente quella che segnerà le sorti della partita.
Il designer teutonico, per sua stessa ammissione, ha confermato più volte che il tema bucolico, gli sta particolarmente a cuore e che quindi è il suo preferito ogniqualvolta la sua vulcanica mente debba sfornare nuovi titoli di un certo peso.
Dopo due mostri sacri come Agricola e Caverna, vediamo un po’ come si porrà questa nuova fatica di Rosenberg.
Hallertau è un German di un certo peso, e non solo in senso figurato. La scatola generosa contiene una notevole quantità di plance, miniplance, plancettine, tabelloni, mazzi di carte e un chiletto buono di ani-meeple, vege-meeple e cubetti lavoratori.
Il regolamento corposo ma scritto in modo chiaro ed esauriente è corredato anche da un compendio che dettaglia ad una ad una tutte le 336 carte dei vari mazzi utilizzabili. Troviamo infatti 4 mazzi “Fattoria” (ciascuno formato da 35 carte), 120 carte “Cancello” (30 per mazzo); 45 carte “Bonus”; 25 carte “Punto” (cioè degli Obiettivi) e 6 carte “Quadrante” (da utilizzare solo se non si gioca in quattro).
In estrema sintesi, nei sei round di cui si compone la partita, dovrete far fruttare i vostri campi per ottenere risorse che faranno arricchire le varie attività del vostro villaggio. Così facendo guadagnerete punti vittoria e lavoratori aggiuntivi che aumenteranno la vostra capacità produttiva.
Il piazzamento lavoratori è stato implementato in questo gioco in una modalità un po’ particolare. L’azione scelta da un giocatore non sarà preclusa agli avversari in quello stesso turno. Sarà possibile selezionarla ugualmente ma la “forza lavoro” da pagare per utilizzarla sarà via via crescente. Il primo giocatore a scegliere un’azione dovrà posizionarvi un singolo lavoratore; il secondo due e così via.
Tra i vari round vi è un meccanismo di “pulizia” delle azioni utilizzate: vengono tolti alcuni lavoratori posizionati così da alleggerirne di una unità il costo.
Come in Agricola e Caverna, in Hallertau viene dato ampio spazio alla coltivazione dei terreni. Anche in questo caso l’autore ha inserito un interessante twist che riprende il meccanismo della rotazione di campi.
Una volta fatta la raccolta su un campo coltivato, questo nel turno successivo perderà capacità produttiva. Un campo lasciato incolto per un turno, al contrario, potrà produrre quando seminato un raccolto più corposo.
Altro elemento fondamentale è la gestione della mano di carte. Partiremo con una mano iniziale di carte che serviranno, almeno inizialmente, ad indicarci una prima via da percorrere e su quali dei tanti elementi in gioco concentrarci principalmente.
Mano a mano che i round si susseguono, pescheremo delle altre carte o ne riceveremo come bonus. Capita spesso infatti che la realizzazione di un obiettivo di una carta “cancello” o di una carta “fattoria” permetta di ottenere gratuitamente una carta punto o una carta bonus che tendenzialmente offrono ricompense più interessanti.
Molta la carne al fuoco! Tutte le dinamiche e le meccaniche in gioco risultano ben legate ed amalgamate. Capita talvolta di cimentarsi in giochi corposi che nella realtà sono un insieme più o meno sconnesso di tanti minigiochi che vanno ciascuno per conto loro e hanno quasi vita propria.
In Hallertau, la sensazione di crescita e di sviluppo organico è invece chiara. Il focus sarà quello di far progredire il più possibile il villaggio per avere il maggior numero di lavoratori da sfruttare nelle varie azioni. In ogni round dovrete pensare a quali risorse ottenere e quali negozi far progredire, valutando il timing corretto visto che il costo di sviluppo aumenta progressivamente.
Come scritto ad inizio recensione, il confronto con gli altri due cinghialoni bucolici Agricola e Caverna è praticamente d’obbligo.
La sensazione, giocando ad Hallertau, è di un gioco a più ampio respiro rispetto Agricola, molto meno stretto e punitivo.
Se la vostra strategia iniziale viene in qualche modo bloccata da un avversario per aver reso più costosa quell’azione in termini di lavoratori necessari, non sarà difficile trovare una soluzione di ripiego sub optima.
Rispetto a Caverna, in cui potete specializzarvi nelle colture, nell’allevamento o nelle esplorazioni, in Hallertau il motore principale sarà dato dalla sola coltivazione dei campi. È possibile anche dedicarsi all’allevamento ovino, ma solo come obiettivo secondario.
La meccanica che invece distingue e contraddistingue Hallertau rispetto agli altri due titoli è senza dubbio la gestione delle varie carte.
Inizieremo il gioco con un’esigua mano: all’inizio di ciascuno dei sei round, otterremo una carta aggiuntiva e piazzando i nostri lavoratori potremo decidere di tentare la sorte, pescando in uno dei quattro distinti mazzi a disposizione.
La mano iniziale potrà dare una prima idea sulla strategia da seguire per lo meno nelle prime fasi della partita. Le carte che verranno man mano ad aggiungersi potranno dare un’aggiunta di interessanti bonus una tantum o combo più o meno redditizie. Starà quindi a noi cercare di ottimizzare la strategia, adattandola in itinere per tirare fuori il meglio di quanto a nostra disposizione.
Ad ora non abbiamo trovato in nessuna delle nostre partite, carte troppo “potenti” o combo sbilanciate. L’impressione è quindi che, più che di elevato fattore fortuna, Hallertau porti il giocatore a mirare ad una ottimizzazione continua e premi alla fine il giocatore che più riesce a sfruttare ciò che si trova a disposizione.
Gioco tosto ma che, alla fine, che si vinca o che si perda, lascia sempre molta soddisfazione. Non si ha mai la sensazione di essere tagliati fuori e, pur cercando di ottimizzare al massimo ogni azione, la partita scorre abbastanza lineare e serena, senza la tipica “ansia da raccolto” che si prova invece con gli altri due titoli di Rosenberg.
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